AGI - Quella portata avanti dalla Procura di Brescia nei confronti dell'ex magistrato pavese Mario Venditti è stata "una feroce e precoce attività di perquisizione e sequestro finalizzata a colmare quel vuoto indiziario". Lo scrive l'avvocato Domenico Aiello nella memoria depositata ieri al Tribunale del Riesame di Brescia chiamato a decidere, entro sabato, se accogliere il suo ricorso per l'annullamento del decreto di perquisizione a sequestro nell'ambito dell'indagine che vede Venditti indagato per corruzione in atti giudiziari per il caso Garlasco.
L'ex procuratore aggiunto è accusato di essersi fatto corrompere per chiedere l'archiviazione di Andrea Sempio nel 2017, poi accolta da un gip.
"Sono state emesse con solerzia deleghe e direttive di indagine non sufficientemente stratificate, e per nulla supportate da adeguato fumus e persino troppo ampie nel contenuto rispetto all'oggetto dell'analisi, oggi è indagato soltanto il magistrato preteso corrotto - si legge nel documento -. L'azione impugnata ha quindi subito prodotto una manifestazione intempestiva dell'attività di indagine in corso, una discovery anticipata su confusi obiettivi di interesse investigativo). Risultato, all'esordio il procedimento ha definitivamente condotto alla distruzione irreversibile del patrimonio di onorabilità del mio assistito".
Esplicite le critiche alla strategia della Procura bresciana: "L'accusa, nell'ansia di attivismo, ha assunto, ritengo con singolare leggerezza un importante e drammatico rischio: distruggere la reputazione e soltanto poi prodigarsi alla ricerca della prova. L'effetto è stato istantaneo quanto irreversibile. È stata sacrificata ogni prudenza, a favore della speditezza non necessaria, trattandosi di fatti non recenti, prudenza che avrebbe condotto, prima a raccogliere, in segreto, e dunque per definizione con maggiore efficacia, la prova, per poi render noto lo status di indagato del magistrato oggi al vostro cospetto".
Il legale allarga la prospettiva evidenziando che l'attività investigativa può minare la fiducia dei cittadini nelle toghe.
"Tutto quanto si traduce nella valutazione del comportamento di un magistrato assume una delicatezza peculiare poiché, in un organismo, la patologia che investe un singolo organo interessa, con effetti perniciosi, tutto il corpo. Il reato commesso dal magistrato, nell'esercizio delle sue funzioni, mina l'autorevolezza dell'intera magistratura, poichè crea una crepa in un organo che deve erigere mura invalicabili contro l'aggressione mossa da logiche estranee alla motivazione giuridica dei provvedimenti. L'indagato, l'imputato, la parte civile, il cittadino, potranno maturare il convincimento che dietro la sentenza di condanna, dietro l'assoluzione, dietro l'esercizio della azione penale o dietro qualsivoglia determinazione giudiziaria vi sia una spiegazione parallela e patologica".